COLTIVARE
IL NUOVO
Faccio parte di quella specie umana che alcuni chiamano «creativi».
A seconda del tono di voce e dall’espressione del viso che noto quando qualcuno mi definisce così, capisco se che ho davanti una persona che mi ritiene un essere utile o tutto sommato inutile. Il dubbio è legittimo perché credo che tutti (tranne i politici) abbiano una buone dose di creatività nel proprio dna.
E’ un campo in cui nessuno al mondo eccelle realmente, quindi tutti possono competere alla grande. La differenza è però che i creativi hanno un mare di tempo da dedicare alla coltivazione di quel piccolo appezzamento di cervello che attiene all’inusuale e al nuovo.
Sì, esplorare il nuovo, il mai detto o mai fatto prima, o trovare una nuova combinazione di cose che prima non erano mai state accostate è un’esperienza stimolante e ti da l’illusione di restare giovane.
Sulle prime sei terrorizzato e pensi che questa volta non ce la farai, poi prendi fiducia e cominci il tuo viaggio, pensi al contrario, poi pensi laterale, poi pensi da sotto, da sopra. Poi bevi un caffè e fai il giro dell’isolato, per strada vedi tutti i tuoi target che camminano: il tuo lavoro è proprio quello di farti capire da loro.
Se sei in seria difficoltà il metodo estremo è fare un bagno nella vasca come facevi da bambino, perché sotto la doccia non vengono mai buone idee – è dimostrato.
Quando poi, a tarda ora, la tv ha smesso di frastornarti di parole e immagini sempre uguali, lo scocciofono non suona più, le persiane della famiglia al di là della strada cigolando si chiudono, resti serenamente solo nel silenzio e vai in vantaggio su tutti quelli del tuo meridiano. In quel momento i nodi cominciano a venire al pettine, il cuore si collega al cervello e dalla matita esce la madre di una serie di segni vivi.
Vorresti cogliere quell’ispirazione e continuare, per chiudere, invece ti devi fermare e andare a letto perchè sai che in quella culla, certe notti, il pilota automatico può accompagnarti dove da sveglio non ti è consentito arrivare.