La campagna elettorale di Giorgio Gori a Bergamo inizia con le Primarie di coalizione del centro-sinistra. Molto spesso la metafora che accompagna questo devastante momento di democrazia è sostanzialmente questa: all’orizzonte si vedono i festeggiamenti per la vittoria di coppa, ma per arrivare a quell’appuntamento bisogna prima fare una partitina nel cortile dell’oratorio dove potrebbero fratturarti il menisco.
Il mio incontro con Giorgio Gori è avvenuto in occasione delle primarie Renzi–Bersani del 2012. Mi venne a trovare a Piacenza su suggerimento di Roberto Reggi e partecipai alla creazione dello slogan « Adesso » coniato per l’avventura in camper di Matteo Renzi.
Gori portò con se quel giorno un foglio su cui erano scritti gli slogan emersi dallo staff di Renzi, per trovare quello migliore. Leggendo oggi quell’elenco, è presente il claim (di Alessandro Baricco) che sette anni dopo sarebbe diventato il nome del nuovo partito personale di Renzi: L’Italia viva
In seguito mantenni con Gori rapporti amichevoli e nel dicembre 2013, pur essendo già impegnato nella campagna di Alberto Biancheri a Sanremo, accettai la sua proposta di occuparmi della strategia di comunicazione della sua campagna, dalle primarie di coalizione alla sfida per diventare Sindaco di Bergamo.
La breve visita di Giorgio a Piacenza non passò inosservata tra gli organi di informazione della città.
Il percorso che portò alla vittoria di Gori alle primarie del PD mi permise di posizionare con una certa precisione la bellissima città di Bergamo e Giorgio nel mio scaffale mentale, e cominciai a valutare il difficile incastro tra una città super arroccata tra le proprie mura – alla strenua difesa dei propri vizi e virtù – con un raffinato giovane figlio di Bergamo cresciuto a pane e innovazione nel mondo della tv, dove raggiunse ruoli rilevanti.
I primi focus group di Pagnoncelli e le straordinarie analisi di Aldo Cristadoro misero in chiara evidenza che le parole « innovazione » e « cambiamento » procuravano l’orticaria ai cittadini Bergamaschi.
Non ho mai creduto fino in fondo a questa cosa, o meglio, non potevo proprio credere che la cifra che più differenziava il mio candidato dal Sindaco uscente potesse essere un’arma spuntata. Però, essere bello, ricco e famoso, vivere in una “reggia” a Bergamo Alta e avere come moglie una star della tv, al 50% della gente stai sulle palle.
Iniziai il mio lavoro con l’analisi del principale competitor (Franco Tentorio), un sindaco uscente di centro-destra altamente rappresentativo del bergamasco medio, dannatamente somigliante alla città e dotato di armi di comunicazione personale pastose e convincenti.
Un sindaco uscente, 99 volte su 100, perde inutilmente tempo a ricapitolare le cose fatte nel suo mandato, perchè ha il terrore che i cittadini abbiano la memoria corta: una noiosa liturgia che toglie al sindaco uscente il guizzo di focalizzare con chiarezza la sua vision per la città di domani. Il competitor di Gori era uno di quelli.
Dopo essermi connesso “in bluetooth” con il cervello dell’avversario, mi dedicai a Giorgio Gori cercando di scavare la sua personalità alla scoperta del perchè la sua brillantezza intellettuale fosse filtrata e appesantita dalla spessa corazza che indossava, un fardello che porta spesso con sè chi è – o si reputa – oggetto di pregiudizi.
In quella fase presentai a Giogio Gori una singolare infografica del viaggio della sua vita.
Si trattava, in sintesi, di ben gestire la sua complicata « mutazione genetica” da “Homo Berlusconianum” a “Homo Bergamascum” passando attraverso un bagno totale con i bergamaschi, esseri umani mediamente molto, molto differenti da lui.
Ma il fattore chiave della campagna era quello di diventare bergamasco tra i bergamaschi.
Quando il tuo principale competitor è in campo, ci sono tre cose indispensabili da fare: un sondaggio, l’analisi dei punti di forza e di debolezza e la strategia generale della campagna, un documento che se non è scritto vuol dire che una strategia non c’è.
Puoi sfogliare qui il documento strategico e la timeline della campagna che presentai con successo alla coalizione per Gori Sindaco
« Polenta e furbizia »
Potremmo definirlo « Il padre di Bergamo »
FORZA
– Interpreta, nello stile e in buona parte dei contenuti il sentire della città
– Linguaggio semplice ed efficace, con ampio utilizzo di figure del pensiero
– Ha capito che appiattendo le differenze in salsa bergamasca ne esce fortemente avvantaggiato
– Solido e affidabile quasi come un padre di famiglia
– Gradimento di oltre la metà degli elettori
– Sostenuto da una coalizione esteriormente ampia e unita
– Appare indipendente dalle forze politiche che lo sostengono
– Potrebbe elaborare un programma per molti aspetti simile al nostro
– L’Equilibrio è la su grande forza, ma è lì anche la sua debolezza.
DEBOLEZZA
– I suoi forti caratteri personali sono indeboliti dai fatti, anzi, dai non fatti
– E’ debole nel ruolo di protagonista di una stagione di rilancio delle città
– Giocherà molto in difesa cercando di convincere che il suo è stato il miglion buon governo possibile
– Userà i vincoli del patto di stabilità sofferti come il prezzemolo.
– Potrebbe essere messo in seria difficoltà se il nostro programma trasudasse coraggio, speranza e certezze per il futuro, materializzate in punti qualificanti (solo se ad alto gradimento trasversale)
– Può contare su un bacino elettorale ampio ma sostanzialmente ingessato
Visione e innovazione
Potremmo definirlo « Il figlio di Bergamo »
FORZA
– Incarna innovazione e capacità di visione (ma occorre lavorare sodo per far percepire queste doti come imprescindibili per il futuro di Bergamo, aggrappati come sono i bergamaschi alla tradizione)
– Allarga il bacino elettorale oltre la sua coalizione
– Quando è convinto portatore di temi qualificanti, l’efficacia della sua dialettica migliora moltissimo
– Anche se di chiara appartenenza politica, prevale la percezione del suo carattere di indipendente
DEBOLEZZA
– Appare di non avere ancora pienamente liberato la consapevolezza dei propri punti di forza
– Il suo stile educato e controllato non crea sufficiente coinvolgimento ed emozione
– Utilizza con troppa moderazione il proprio fascino personale
– Deve ancora forse decidere se sta facendo la buona rivoluzione che serve o semplicemente migliorare la città.
Coordinatore della campagna era Christophe Sanchez, una persona straordinaria e un geniale autore tv grande amico e collaboratore da una vita di Giorgio Gori. Il mio rapporto con lui non è stato tutto rose e fiori, ma abbiamo fatto insieme un grande lavoro. Ci ritrovammo anche cinque anni dopo nella vincente campagna di ricandidatura di Giorgio Gori Sindaco nel 2019.
E’ sua la firma del flashmob più bello che io abbia mai visto in una campagna elettorale, lo puoi vedere a questo link, https://vimeo.com/434433195
Ma da subito i “nemici” tra la coalizione di centrodestra spuntarono come funghi e gli attacchi con armi improprie contro Giorgio perdurarono a ritmo incessante fino all’ultimo istante della campagna, costringendoci a rispondere ogni ora al perpetuo quesito: “rispondiamo o non rispondiamo a questa provocazione?”
Mi diverte e godo come pochi nel ricordare il primo crudo attacco subito: un articolo di Repubblica con una foto che ritraeva il suv di Gori parcheggiato in città alta sul passo carraio della propria abitazione.
Il giornalista, con il suo graffiante pezzo, sembrava voler convincere i lettori che quello di Gori era un atto di arroganza di un ricco che se ne fregava delle regole. Cominciavamo proprio bene! Panico nello staff.
“Mauro, cosa dici di fare’”
Ritenni esagerato e pretestuoso l’articolo che rimbalzò subito in rete e fu purtroppo ribattuto da tutti i giornali online di Bergamo.
Panico al point!
Risposi mezz’ora dopo con il lancio di un gruppo Facebook chiamato « Ma dove cavolo parcheggia Gori » che infiammò subito i sostenitori e i social network con « mi piace » e condivisioni. Non solo: tutta la stampa cartacea e online non mancò di dare ampia visibilità a quella risposta così centrata. BergamoNews, ad esempio, chiuse in bellezza il proprio resoconto con “una risata li seppellirà”.
Ricevetti più tardi da Giorgio un sms con scritto : “Mauro, hai fatto una genialata“.
Mi piace definire questa forma di comunicazione « omeopatica » perchè, per curare la « malattia » ho utilizzato la stessa sostanza che l’ha provocata.
Bergamasco e da sempre residente a Bergamo, Gori però era sostanzialmente considerato estraneo alla città: davvero un bel problema. Occorreva, con alcune azioni, tentare di ricongiungerlo con la sua città. Era proprio questo il primo obiettivo a guidare la campagna.
Lavorammo su quattro binari: un piccolo booklet dove Giorgio scriveva la sua storia personale di bergamasco, dieci mini interviste per raccontarla dal vivo in modo anche emozionale e a tratti intimo, una campagna affissione coordinata e una lettera alle famiglie di Bergamo.
Affrontammo la produzione di questi strumenti di comunicazione con grande convinzione e il riscontro fu ottimo.
Il competitor, come un gatto sornione, restava chiuso nella sua tana municipale, impegnato anche a costruire la propria coalizione.
Da competitor di un Sindaco uscente è sempre bene essere il primo sui muri della città, nella cassetta delle lettere e sui social. E così fu.
Risposi mezz’ora dopo con il lancio di un gruppo Facebook chiamato « Ma dove cavolo parcheggia Gori » che infiammò subito i sostenitori e i social network con « mi piace » e condivisioni. Non solo: tutta la stampa cartacea e online non mancò di dare ampia visibilità a quella risposta così centrata. BergamoNews, ad esempio, chiuse in bellezza il proprio resoconto con “una risata li seppellirà”.
Ricevetti più tardi da Giorgio un sms con scritto : “Mauro, hai fatto una genialata“.
Ma a proposito di Tentorio gatto sornione, un pomeriggio vidi su Bergamo news il comizietto di inaugurazione del point di Tentorio (Casa Tentorio) e mi colpì nel video il suo modo lento di parlare, una tecnica che molti leader utilizzano per aggiungere peso alle parole. Registrai uno spezzone del suo discorso e lo montai, con l’audio piuttosto rallentato, in questo esilarante video per i social.
Formato 12×12 cm, 20 paginette unite con punto metallico: una mini brochure contenente una piccola storia della vita di Giorgio Gori bergamasco, distribuita in tutte le cassette delle lettere della città e presente nei banchetti e gazebo.
Dieci piacevoli videoracconti di Gori che compongono una sorta di autobiografia che spazia dal lavoro alla famiglia e alla passione per la politica.
L’incontro con Cristina a Canale 5, il lavoro da giornalista con Feltri che lo licenziò, gli amici e la creazione di Magnolia.
Qui il primo video.
Una chicca, invece, è l’intervista a Feltri che parla di Gori a « L’aria che tira » un paio di anni dopo la vittoria di Giorgio.
Dieci piacevoli videoracconti di Gori che compongono una sorta di autobiografia che spazia dal lavoro alla famiglia e alla Disegnai il logo “Giorgio Gori per Bergamo” caratterizzato da un’icona “X” che strizzava l’occhio a recentemente utilizzata nella vincente campagna di Pisapia, caratterizzata da quel colore arancione, nuovo in politica, che prima di Pisapia utilizzai anni prima nella campagna 2007 di ricandidatura di Roberto Reggi Sindaco di Piacenza.
Inoltre decidemmo, dato il concreto potenziale di Gori di attrarre voti non solo nel centrosinistra, di costruire una propria lista civica, anche se Gori era il candidato ufficiale del Partito Democratico.
Nel pacchetto coordinato ho inserito anche un format con i consigli per la realizzazione di conferenze stampa outdoor.
Lanciammo in contemporanea una campagna affissione 6×3 e altri formati delineando con il minor numero di parole possibili, il carattere e le doti di Gori, sottolineando il tutto con il claim « Bergamo cambia passo », una frase estratta da un intervento di Giorgio.
Non poteva mancare l’invio di una lettera alle famiglie di Bergamo. La inoltrammo con un servizio porta a porta senza indirizzo, una scelta dettata dal budget che ci permise di spendere 0,030 euro cad. invece di 0,35 euro cad. con il servizio di Poste. Perdemmo, come previsto, circa il 20% dei contatti a causa delle cassette condominiali.
L’impatto visivo della busta era quello di una lettera normale (non elettorale) grazie anche alla mia tecnica di bollo virtuale e alla scrittura calligrafica dell’indirizzo.
L’interno della lettera era un distillato di regole di direct mailing, più precisamente era costruita utilizzando tutti i segreti di Sigfried Vogele, di cui racconto in questo sito alla pagina “Lettere a prova di cestino”.
Quando apro un Point elettorale non posso fare a meno di ricordare quello inventato nel 1995 dall’amico fraterno Alberto Fermi a Piacenza, in piazzetta San Francesco nella campagna vincente di Dario Squeri Presidente della Provincia.
Penso proprio che sia stato il primo Point elettorale italiano.
Qui a Bergamo invece inaugurammo un Point meraviglioso, nella centralissima via XX Settembre, occupando un negozio su tre piani occupato in precedenza dal brand Tods.
Una grande vetrina, grandi sale riunioni e tanto spazio per la logistica dei materiali, ma anche luogo del pensiero e punto di incontro con i cittadini.
Utilizzammo la gamma completa dei media e degli strumenti che prevede una campagna elettorale impegnativa, ma l’impegno maggiore lo dedicammo alla messa in campo di una « campagna verticale » mirata ai 28 quartieri di Bergamo, che iniziò dall’indagine approfondita dei problemi di ciascun quartiere, continuò con l’elaborazione e la stampa di volantini con microprogrammi specifici e si sviluppò lungo i 750 km in bicicletta che Gori fece con stoica e serena determinazione lungo le strade della città orobica.
Un’altissima montagna da scalare, per il candidato e per il suo staff.
La comunicazione mirata aveva una sua plastica rappresentazione nella vetrina del Point dove volli un espositore trasparente per posizionare in bell’ordine (ed estraibili) i volantini di quartiere.
Anche il sito web presentava la stessa segmentazione, grazie a una mappa della città dove l’elettore poteva leggere il programma per il proprio quartiere semplicemente cliccandone il nome.
L’effetto era quello della vetrina di un’agenzia di viaggi, dove ognuno poteva, entrando nel point, selezionare “il viaggio a lui dedicato” estraendo la scheda delle proposte per il suo quartiere.
Spesso mi appostavo furtivo nei pressi della vetrina del point per studiare il comportamento delle persone che la scrutavano e per carpire qualche frammento di dialogo. Sono convinto da tempo che la prossima segmentazione della domanda elettorale arriverà a registrare anche le esigenze dei pianerottoli.
Questa apparentemente banale intuizione del 2014 a Bergamo è stata l’inizio per me di una ricerca importante, che campagna dopo campagna, ho continuamente perfezionato con l’aiuto di Twig di Aldo Cristadoro, anche con l’aiuto di una sorta di bigdata.
Se dovessi dare un titolo un po’ provocatorio a questa ricerca sarebbe: “Un programma per tutti è un programma per nessuno”
Come già fatto per la campagna di Carlo Capacci – Imperia 2013, creai un modello di santino formato Polaroid; un ulteriore strumento di differenziazione originale. Invitai i candidati ad utilizzarlo come fosse un oggetto molto personale, indicando loro anche di porgerlo con la stessa cura con cui un giapponese presenta il proprio biglietto da visita, evitando però l’inchino 🙂
Come accennato prima, un programma per tutti in fondo non è per nessuno, ma occorre averlo perché fa parte dei documenti da consegnare all’amministrazione.
Si sa, il programma elettorale è prodotto editoriale meno letto del pianeta ma se non ce l’hai disponibile al Point quei non lettori te lo chiedono.
Realizzai anche il pieghevole formato A5 “6 passi avanti per Bergamo” per evidenziare i sei “progetti bandiera” di Gori per Bergamo. A volte le cose semplici sono le più belle.
Pur ricevendo ogni giorno attacchi soprattutto da parte della Lega di Bergamo, resi sempre più frequenti con l’avvicinarsi del voto del primo turno, riuscimmo a mantenere la calma e aumentammo fino all’inverosimile le visite di Gori in tutti i quartieri della città.
I sondaggi ci raccontavano uno scenario variabile per la concomitanza del voto amministrativo con quello europeo, tipicamente un voto politico.
Matteo Renzi è presidente del consiglio da pochi mesi e non manca di venire a trovare un vecchio amico.
La sua visita portò buono perchè al primo turno Giorgio Gori era avanti di duemila voti, affermando un’inaspettata supremazia nei quartieri rispetto al centro, frutto forse della sua costante presenza e della campagna local realizzata.
Restano i 15 giorni più faticosi della campagna. Abbiamo già sparato praticamente tutte le nostre cartucce. Dobbiamo stare calmi e tenerci stretto il vantaggio acquisito, sperando soprattutto che arrivi poi qualche voto dai Cinquestelle.
Il sondaggio di Ipsos per il Corriere della sera ci dà avanti al ballottaggio.
La comunicazione produce gli ultimi strumenti: un microscopico pieghevole a ben 12 antine presenta 20 nuovi progetti illustrati, i poster 100×200 per le plance comunali (con temi geolocalizzati), mezze pagine sui quotidiani e una cartolina in tutte le cassette delle lettere della città.
Il video del flash-capolavoro di Christophe Sanchez.
Come l’Aleph di Borges, il punto dello spazio che contiene tutti i punti, situato nel diciannovesimo gradino della scala della sua cantina, anche gli ultimi attimi di una campagna contengono tutta la campagna, un “non tempo” di attesa in cui se ne rivede il film e ci si chiede come sarà il finale.
Della vincente campagna per Gori sindaco di Bergamo ricordo il bellissimo Point multipiano di via XX Settembre brulicante di incontri, gli scontri all’ultimo sangue con Christophe finiti poi in aperitivi, il lavoro con il grafico Andrea, la simpatia di Titina, le cenette alla mitica, emozionante Vineria Cozzi,
la perforante intelligenza di Giorgio Gori, la classe di sua moglie Cristina e la gara di torte di Benedetta.
Ma ricordo anche gli impareggiabili casoncelli, mitica specialità Bergamasca
Fu una bellissima vittoria, per nulla scontata. In quell’avventura durata quasi sei mesi vivemmo tutti delle grandi emozioni. Racchiude il crescendo di questa campagna la lettera che Giorgio Gori inviò allo staff la notte prima dell’esame finale, un distillato di forti sensazioni e motivazione magistralmente scritto.
Per ritrovare poi un po’ di autostima nei miei momenti così così, rileggo anche cosa ha scritto di me Benedetta Ravizza dell’Eco di Bergamo e la ringrazio ancora per la sua bella e simpatica intervista telefonica, soprattutto per il profilo che ha tracciato di me e del mio lavoro. Questo è il suo pezzo :
Mauro Ferrari, mago della comunicazione, è l’autore con Gori del refrain della campagna. Ha fatto vincere 18 candidati su 21.
Che sia un creativo lo si capisce da come parla. Immaginifico, ma con un accento piacentino che lo rende subito verace. Giudica (con garbo) impertinente la domanda sull’età («Sono del 1947, gli anni non li ho mai contati»), ha esordito nella comunicazione e nel marketing «nel 1970, quando suonavano i Beatles» e ha un’idea ecologica del lavoro: «È un travaso di energie, non se ne sfruttano di nuove». Ecco a voi Mauro Ferrari. Il nome può darsi che ai più non dica niente, ma gli addetti ai lavori si inchinano. Non è capitato a molti di seguire la campagna elettorale di 21 candidati e farne vincere 18 (tranne in due casi, tutti di centro-sinistra: da Reggi a Piacenza e Capacci a Imperia fino a Biancheri a Sanremo, all’ultima tornata). O di inventare l’«arancione» come colore acchiappa voti prima del l’«effetto Pisapia». A lui sì. «Faccio vincere i vincenti», fa il modesto. E così capita che nella scuderia ci sia anche Giorgio Gori. «È stata tutta farina del suo sacco, è un purosangue oltre che un fuoriclasse», attribuisce ogni merito al nuovo sindaco. La sera del ballottaggio il «guru» era a Bergamo, a marciare su Palafrizzoni. Camicia blu elettrico, chioma scapigliata, occhialino da intellettuale, una vaghissima somiglianza con Casaleggio. Uno degli abbracci più calorosi del neoletto è stato per lui. «Un momento magico, da batticuore», commenta. Tra i due un’amicizia che risale alle Primarie di Renzi. Dietro l’«Adesso» che ha contrassegnato ogni passaggio dell’allora candidato alla leadership nazionale del Pd c’era il Ferrari pensiero. «In quella fase ho conosciuto Gori e mi sono subito messo a disposizione del suo progetto. Ero molto interessato alla persona, in cui era facile credere per la capacità di fare squadra, per la profondità dell’analisi politica e l’attenzione agli aspetti strategici». Il feeling, dice, non si è tradotto in un vero e proprio contratto di lavoro – «il suo staff era già all’altezza; per me c’è solo un rimborso spese» – «piuttosto in uno scambio stimolante. Sono passato una decina di volte da Bergamo, anche il giovedì prima del ballottaggio, siamo andati tutti a mangiare i tortelli di zucca al Circolino, un posto bellissimo. E poi via messaggio». Lunghi discorsi, da cui ricavare gli spunti chiave.
Come quel «cambio di passo» che è diventato il mantra della lunga maratona elettorale del frontman del centrosinistra. «Quello slogan è stato il “ritaglio” di uno dei discorsi di Giorgio, non ho inventato nulla. È come quando trovi una carta per terra e la raccogli. Ho colto il senso per Bergamo, una città che pareva essersi fermata negli ultimi cinque anni». Si è pure sdoppiato mettendosi nei panni di Tentorio. «Ha sbagliato campagna. Una delle regole d’oro è: stai attento alle mosse dell’avversario e seguile. Tentorio, invece, si è accorto in ritardo, e poi è finito a inseguire Gori, ad esempio sui giri nei quartieri». Insomma c’è passo e passo, parola di guru.